Ibn Gabirol

Shlomo ben Yehuda ibn Gabirol (Malaga 1021-Valencia 1058), Abu Ayyub Sulayman ibn Yahya ibn Sebirul per i musulmani, Aben Cebrol o Avicebron per i latini, è uno dei più importanti sapienti della Spagna medievale ebraica, insieme a Samuel ibn Nagella (993-1056), Moshe ibn Ezra (1055?-1135) e Yehuda ha-Levi (1075?-1161?). Nato a Malaga da famiglia originaria di Cordoba, si formò a Saragozza alla corte dei Banu Hud, fino a quando fu esiliato nel 1045, intraprendendo numerosi viaggi per tutto il territorio iberico. Beneficiò della protezione del re di Granada e godette di vasta fama nel mondo culturale e religioso arabo-musulmano ed ebraico, per le sue elevate doti di poeta unite a un grande talento come filosofo, teologo, scienziato, moralista e grammatico. Tra le sue opere, composte prevalentemente in arabo, la Scelta di perle, tradotta in ebraico (Mibhar ha-penimim), è una raccolta di massime, sentenze e brevi racconti, realizzata intorno al 1045, che riscontrò grande favore nel pubblico ebraico.
Capitolo XXXII. Il Silenzio
- 337. Il saggio osserva: Le mie parole possono cagionare rammarico, ma il mio silenzio saprà evitarlo.[1]
- 338. E continuava: Le parole pronunciate mi dominano; ma le parole non proferite, sono io a dominarle.
- 339. Il danno causato dal silenzio è più facilmente riparabile di quello causato dal parlare.
- 340. Soleva dire: Perché pronunciare parole, che se attribuite a me potrebbero andare a mio danno, e se trattenute non mi beneficerebbero?
- 341. Molti benefici sono stati persi a causa di una parola inopportuna.
- 342. Il dolore provocato dal silenzio è meno insopportabile di quello causato dalle parole; anzi, perfino la morte per taciturnità è preferibile alla morte per loquacità.
- 343. La devozione più accettabile consiste nel silenzio e nella speranza.
- 344. Il silenzio può essere accompagnato da un rimpianto, il parlare da molti.
- 345. Il silenzio è preferibile a una parola inopportuna.
- 346. Il silenzio aumenta rispetto e venerazione.
- 347. Sii parsimonioso con la tua lingua, come lo sei con la tua ricchezza.
- 348. In assenza di un istruttore morale, attieniti al silenzio.[2]
- 349. Il distruttore dell’uomo sta in agguato sotto la sua lingua, e la morte risiede nella sua sfrontatezza[3].
- 350. La preponderanza delle parole sull’intelletto può provocare persuasività; quella dell’intelletto sulle parole può implicare biasimo; eccellente è quando un’attitudine abbellisce l’altra.
- 351. Le parole che eccedono la discrezione possono condizionarci; ma quando la discrezione prevale sulle nostre parole, le governiamo.
- 352. Un certo arabo, unitosi a una cerchia di amici, li ascoltò pazientemente, in profondo silenzio. A un certo punto gli fu chiesto: Da dove viene il tuo grado nell’aristocrazia araba? Egli rispose umilmente: Amici miei, le qualità dell’orecchio sono proprie dell’uomo, ma quelle della lingua appartengono ai suoi prossimi.
- 353. A un certo saggio, famoso per la sua riservatezza, prudenza ed eloquenza, fu chiesto di definire la natura del parlare, i suoi vantaggi e svantaggi. Amici miei, rispose, il parlare può essere classificato in quattro modi: 1o. Parole che possono promettere un momentaneo beneficio, ma che possono comportare conseguenze fatali, evitar le quali è vantaggioso; 2o. Parole che escludono ogni vantaggio, e che possono perfino essere pregne di risultati dannosi; queste sono proprio estremamente pericolose; 3o. Parole che non promettono né vantaggio né svantaggio, evitar le quali darà facilità fisica e mentale; e 4o. Parole che possono promettere beneficio e sicurezza per il futuro; queste costituiscono lo spirito della conversazione. Rifiuta i primi tre, e abbraccia il quarto.
- 354. Il saggio osserva: Sii parco nelle tue parole, poiché meno sono le tue parole, meno gli errori.[4]
- 355. Nella tua conversazione di notte, abbassa la voce, e di giorno guardati attorno prima di parlare.
- 356. Rivela il tuo segreto in una pianura, e il tuo consiglio sulla sommità delle montagne, in modo che la tua visione non abbia impedimenti.
- 357. Egli era solito dire: Un lapsus[5] della lingua è più pericoloso di un passo falso del piede, poiché il lapsus della lingua può costarti la testa, mentre si può rimediare facilmente al passo falso del piede.
[1] Disticha Catonis, I, 12: «Nam nulli tacuisse nocet, nocet esse locutum» («a nessuno nuoce aver taciuto, nuoce aver parlato»).
[2] «Taciturnitas stulto homini pro sapientia est» («Allo stolto il silenzio è per saggezza», Volgarizzamento delle sentenze di Publio Siro Mimo, Stamperia Carmignani, Parma, 1808).
[3] Lett. “tra le sue guance”.
[4] Un proverbio italiano dice: «Chi molto parla, spesso falla».
[5] Lapsus: participio passato del latino labi, scivolare.